Efrem Sabatti - Psicologo a Brescia

Il funzionamento psichico infantile per Winnicott: l'integrazione


Il funzionamento psichico infantile per Winnicott: l'integrazione

Nel percorso che conduce il bambino da una assoluta dipendenza ad una progressiva indipendenza ...



 


   (o meglio ad una indipendenza relativa), Winnicott individua tre conquiste principali che si intersecano e mettono le basi affinchè si realizzi tale progetto: l’integrazione, la personalizzazione e gli inizi della relazione oggettuale (che è correlata con l’acquisizione del senso di realtà). Le conquiste non sono necessariamente consecutive, ma processi interdipendenti, in parte sovrapposti, in particolare tra integrazione e personalizzazione. Inoltre, tali conquiste sono dapprima relative, momentanee, acquisite, perdute e nuovamente ritrovate. Il consolidamento è graduale e, verso la fine del primo semestre (in condizioni di salute) sono strutturate in misura significativa. Winnicott sottolinea anche come “la maggior parte dei processi che cominciano nella primissima infanzia non sono mai pienamente costituiti, ma continuano a rafforzarsi con la crescita che prosegue nel resto dell’infanzia, anzi ancora nell’età adulta e perfino nell’anziano”[1] 

- Integrazione e non Integrazione 

Winnicott descrive il bambino all’esordio della vita sottolineando che all’inizio ciò che si ha è “una manciata di anatomia e fisiologia e a questa si aggiunge il potenziale di evolvere in una personalità umana. C’è una tendenza generale verso la crescita fisica e una tendenza allo sviluppo nella parte psichica dell’unità psicosomatica; ci sono in entrambe le zone, la fisica e la psicologica, le tendenze ereditarie e fra queste sul versante psichico sono comprese le tendenze che conducono verso l’integrazione o il conseguimento dell’integrità (…) La base di tutte le teorie circa lo sviluppo della personalità umana è la continuità nella linea della vita, che presumibilmente comincia prima della vera e propria nascita; una continuità che comporta l’idea che niente di quanto è stato parte dell’esperienza di un individuo possa mai andare perduto per quell’individuo, anche se in vari modi complessi dovesse (come in effetti avviene) diventare inaccessibile alla coscienza.”[2] L’integrazione dell’Io ha quindi, come fondamento, la continuità della linea della vita. Il Sé infantile non si può dire che incominci finchè non è cominciato l’Io e la fondazione iniziale del Sé e dell’Identità è questa prima organizzazione dell’Io che dà luogo a una continuità dell’essere. Nel corso naturale degli eventi, la continuità della linea di vita da origine all’integrità, a partire dai momenti in cui si raggiunge lo statuto di unità “Io sono”. Per meglio comprendere tale concetto è opportuno partire dallo stato iniziale di non integrazione, dal quale emergerà l’integrazione, in quella condizione definita dall’autore “narcisismo primario”.[3] Il bambino in questa condizione si trova nello stato più assoluto di dipendenza; non si sente separato dall’ambiente. Non esiste, secondo Winnicott, la differenza tra ciò che è “me” e ciò che è “non me”. “Nessun oggetto esterno a Sé è noto. La madre specialmente è fusa col bambino, le sue azioni, il battito del suo cuore, il respiro e il  calore non sono avvertiti affatto diversi dai propri. C’è in qualche misura una continuazione dello stato di cose che vigeva prima della nascita. Lo stato non integrato implica dissociazioni[4] temporali oltre che spaziali. Non solo aspetti del bambino sono avvertiti come ambientali e aspetti dell’ambiente come se stesso, ma anche quando c’è continuità nella linea di vita e momenti di “Io sono”, il Sé nascente non è vissuto come sempre identico.”[5] In potenza esistono nel bambino quelle basi per iniziare a creare e mentalizzare il senso di continuità di Sé; si pensi ad esempio all’alternanza dei cicli sonno- veglia, attività e non attività, accelerazione e decelerazione del respiro e del battito cardiaco, ma all’inizio, pur essendoci le premesse, non c’è ancora secondo Winnicott abbastanza forza dell’Io per poter condurre il bambino attraverso questi stati come un Sé unico. Relativamente a questo punto infatti l’autore afferma “Penso che un lattante non possa sapere all’inizio che quando sente questo o quello disteso nella culla o gode le sensazioni epidermiche del bagno è lo stesso di quando urla per ottenere immediata soddisfazione, posseduto da un bisogno imperioso di prendere e distruggere qualcosa se non è soddisfatto col latte… e penso che non ci sia necessariamente un’integrazione fra il bambino addormentato e il bambino sveglio. Questa integrazione viene nel corso del tempo”[6]. Il raggiungimento dell’integrità significa quindi portare le varie componenti somatiche e psichiche in un Sé unitario. A partire da esperienze emotive come collera o eccitazione per una poppata, progressivamente il bambino organizza una realtà psichica personale che conduce a una relazione individuale con l’ambiente, mentre quest’ultimo perviene ad essere sentito come esterno e sempre più permanente. L’integrazione è possibile, come detto in precedenza, dalla presenza di un ambiente adeguato ed essendo la madre l’ambiente umano di primaria importanza, è essenziale che questa svolga adeguatamente la propria funzione di contenimento. In questo concetto (in inglese holding) è racchiuso uno dei contributi più importanti di tutta l’opera di Winnicott ed è riassumibile  in due aspetti:                                                                             

1-      Tenere il bambino al riparo da eventi imprevedibili e perciò traumatici che interrompono la continuità dell’esistenza.  

2-      Prendersi cura del bambino: venire incontro a tutti i bisogni fisiologici, grazie alla comprensione di ciò che il bambino sente, attraverso l’empatia. 



Un contenimento affidabile significa che l’Io debole e immaturo del lattante è corroborato dal “sostegno dell’Io” che la madre è in grado di fornire, avendo il bambino in mente come persona intera. Attraverso il contenimento della madre sorge nel bambino un senso di fiducia nella madre e nell’ambiente e si realizza inoltre un tipo speciale di relazione tra il bambino e la madre, la relazione egoica, per distinguerla dalla relazione basata sugli istinti alla base della teoria freudiana. Per Winnicott non è importante solo il momento della relazione, ma anche il momento del riposo del lattante, nel quale non c’è relazione attiva con la madre. Questo momento significa per il lattante un ritorno allo stato non integrato e, nella misura in cui il sostegno dell’Io da parte della madre è affidabile, ciò permette al lattante di ritornare a questo stadio senza minaccie alla sua continuità personale. L’esperienza del ritorno ad una non integrazione è la base della capacità futura dell’adulto di rilassarsi, lasciarsi andare e godere della solitudine. Per l’autore questa “capacità di star solo” rappresenta “uno dei segni più importanti di maturità nello sviluppo emotivo”[7], anche perché può avvenire solo quando la viva presenza della madre all’inizio, rende possibile lo sviluppo di un ambiente interno rassicurante. Non è più necessaria la presenza effettiva e costante della madre reale perché è presente nel bambino una buona madre interna e interiorizzata.

Quando ciò non avviene siamo di fronte a ciò che la Ainsworth chiama attaccamento insicuro e gli esperimenti condotti con la cosiddetta “strange situation” hanno ampiamente evidenziato gli effetti della carenza di un ambiente adeguato nella strutturazione di un attaccamento insicuro. 






[1] D.W. Winnicott “The development of the capacityfor Concern” in “The maturational processes and the faciliating environment. Hogarth Press, London. Clarke Irwin and. Co. Ltd., Toronto,1965.

[2] D.W. Winnicott “Communication Between Infant and Mother, Mother and Infant, Compared and Contrasted” in “What in Psychoanalyisis?”.The Institute of Psycho Analysis, Balliere,Tindall and Cassel, London, 1968.

[3]  M. Davis e D Wallbridge “Introduzione all’opera di Donald D. Winnicott: Spazio e confine”, ed. Psycho, Firenze. Pag 52

[4] Al termine dissociazione è forse in questo specifico caso più utile preferire il termine non associazione, in quanto ancora non si è formata. Il termine dissociazione sembra invece più indicato per sottolineare una condizione di associazione difettosa o di una associazione precedentememente raggiunta e, a seguito di un evento traumatico, perduta.

[5] Op.cit.

[6] D.W. Winnicott, “Dalla pediatria alla psicoanalisi”. Firenze ed. Martinelli, 1985. Pag. 175

[7]  D.W. Winnicott “La capacità di stare da soli”, 1958 in “The Maturational Processes and the Facilitatine Environment Hogarth Press, London. Clarke Irwin and. Co. Ltd., Toronto,1965.



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