La persona serena è quella che “non ha problemi” o quella che “sa come risolverli”?
Una delle frasi che maggiormente sento nel mio lavoro con i pazienti è la seguente “ah dottore, come vorrei svegliarmi domani mattina e, come per magia, non avere più questo problema. Sarebbe ...
meraviglioso!”. Io solitamente rispondo “ne è sicura?”. A questo punto del discorso, nella maggior parte delle volte, vengo guardato come se fossi un alieno. “Certo dottore, se non avessi più questo problema (ansia, fobia o qualunque altro disturbo) sarei felice”. Io ribatto “ma se lei non avesse imparato a superarlo volontariamente, vivrebbe spensierata o con il timore che, così come se ne è andato, possa ritornare?”. Non è un vuoto esercizio retorico, ma comprendere ciò fa la differenza tra chi supera definitivamente il problema e chi invece lo supera parzialmente, ma rischia di vivere con la paura che possa ritornare. Per me una persona non è “guarita” (o meglio non ha superato il problema), anche se sta meglio, se usa ancora frasi come “speriamo che non ritorni” o “speriamo che duri questa fase” o semplicemente "speriamo". Il linguaggio e le parole che si usano sono delle finestre nel mondo inteirore della persona e permettono di capire qual'è la sua percezione. Una persona che "spera" che una cosa non ritorni, esprime la sua inattività: non lo faccio accadere, ma spero che accada. Sperare che un problema scompaia e basta, infatti, non aggiunge nulla sulla capacità di contrastarlo ... se un mio problema passa e basta (per i fatti suoi o perchè altri l'hanno affrontato al posto mio), provo sollievo, ma non imparo nulla su come controllarlo e quindi, in futuro, posso solo sperare che non mi ricapiti. Se invece ho imparato a neutralizzarlo non mi farà più così paura, perché ho capito il suo funzionamento e ho le adeguate contromosse. Anche le malattie fanno molta più paura quando non hanno rimedi, perché l’unica alternativa che rimane alle persone è sperare di non contrarla. E' molto attuale la paura che si sta generalizzando con Ebola, perchè ancora non si sa come arrestarla e si può solo sperare di non contrarla. Quante malattie che un tempo terrorizzavano interi popoli, oggi lasciano indifferenti. Negli ultimi anni dell’esercizio della mia professione, lo scopo del mio lavoro si è sempre più concentrato sul restituire alla persona il senso di padronanza della propria vita dandole degli strumenti affinché sia lei a risolvere i suoi problemi. Perché gli strumenti esistono! e prima di accettare aprioristicamente il concetto del “io sono fatto così e posso solo conviverci” il mio consiglio è sempre quello di provare a risolvere. I problemi esistono per essere risolti e ogni cosa che possediamo, dalla radio, alla ruota, ai vaccini, sono il frutto di problemi superati. Se un problema non si risolve in un modo non significa necessariamente che non abbia soluzione, ma forse, semplicemente, che non l’abbiamo ancora trovata.